COMUNICATO STAMPA – Emergenza Covid 19 – La collaborazione della Sasi con l’Istituto Superiore di Sanità per individuare tracce del virus nei liquami fognari. “Nessun rischio per il consumo di acqua potabile” precisa il presidente Gianfranco Basterebbe

Nell’ambito delle sue molteplici attività connesse allo studio, al controllo e alla prevenzione del Covid 19, l’Istituto Superiore di Sanità, attraverso il suo Dipartimento Ambiente e Salute, ha avviato uno studio sulle acque di scarico ovvero sui liquami fognari convogliati ai depuratori. Si tratta di uno studio che riveste una notevole importanza soprattutto in questo drammatico periodo. L’obiettivo, infatti, è quello di individuare nei liquami la presenza del coronavirus e delle sue differenti forme, le varianti, da mettere in relazione con i ceppi virali rinvenuti nei soggetti positivi presenti nel territorio servito dalle linee fognarie che veicolano le acque di scarico. L’Istituto Superiore di Sanità ha chiesto quindi ai gestori del servizio idrico integrato di collaborare alla raccolta dei prelievi e al piano di campionamento. E ha chiesto anche la collaborazione della Sasi. “Abbiamo accettato di buon grado di prendere parte a un progetto che riteniamo di estrema importanza soprattutto in questo momento in cui le varianti, specie quella inglese individuata a Guardiagrele, fanno più paura – ha commentato il presidente della Sasi Gianfranco Basterebbe – mi preme sottolineare come non ci sia alcun rischio per la salute derivante dal consumo di acqua potabile, come ribadito dallo stesso Istituto di Sanità sin dall’inizio della Pandemia”.

Il monitoraggio delle acque reflue rappresenta una matrice utile per uno screening precoce della presenza del virus in un determinato territorio. “Laddove in una comunità non ci fossero positivi le acque di scarico potrebbero invece segnale il contrario. Questa ricerca ha una indubbia rilevanza in termini preventivi – spiega Tommaso Pagliani della Sasi, coordinatore del progetto – e permette uno studio delle caratteristiche del virus e soprattutto l’eventuale rispondenza con la presenza sia in una comunità che nei liquami. Questo controllo serve a comprendere se il virus individuato nelle acque di scarico è lo stesso presente in persone positive, asintomatiche o meno, e non è detto che questa corrispondenza si verifichi sempre. La possibilità di tracciare queste differenze è un valore che permette di completare il quadro conoscitivo dei ceppi e le eventuali varianti che circolano in determinati territori. Noi continuiamo nel lavoro di ricerca individuando i depuratori ricettori delle acque di scarico che hanno una maggiore probabilità di contenere tracce del virus, così come ci è stato chiesto dall’Istituto Superiore di Sanità. Da questa attività è emerso il caso di Guardiagrele dove è stato rilevato la variante inglese. A breve – conclude Pagliani – ci sarà una pubblicazione scientifica sui risultati di questi studi. Noi come Sasi stiamo collaborando nel miglior modo possibile per dare un contributo costruttivo e concreto”.